venerdì, marzo 12, 2010

the london blues

Precisazione: ascoltando, in questi giorni, vecchi dischi, non ho potuto fare a meno di notare, la costante presenza, nelle varie registrazioni, del giovane Eric Clapton, e questa cosa mi ha fatto riflettere, sulla sua eccezionale e folgorante giovane carriera, e di come, adesso, venga considerato poco più che un buon mestierante.
Queste, riflessioni, mi hanno ispirato una ricerca, tra i vari dischi, un po’ per curiosità, un po’ anche per il piacere di ascoltare questi “vecchi” capolavori.
Il giovane Eric Patrick Clapton, dopo un’infanzia ed un’adolescenza un po’ problematica (potete consultarvi su internet per maggiori delucidazioni), si innamora della chitarra e della musica blues, e ben presto, nella solita Londra in pieno fermento musicale, comincia a suonare in vari gruppi più o meno validi, ma la sua perizia lo porta appena diciottenne, nel 1963 a diventare membro degli Yardbirds (a questo indirizzo potete trovare più o meno tutti i dischi del quale parlo), sicuramente uno dei gruppi inglesi più importanti della storia del rock, non inferiori a Beatles o Rolling Stones. La sua permanenza negli Yardbirds, dura due anni, col quale registra tre dischi di ottimo blues e rhythm'n'blues, compreso il favoloso live con Sonny Boy Williamson, che uscirà successivamente, ed un disco più rock, For your Love, di cui l’omonimo singolo diede il meritato successo al gruppo, ma la virata quasi pop non convinse Eric Clapton, che abbandonò il gruppo, sostituito da Jeff Beck e così si risparmiò la penosa partecipazione a SanRemo.
Appena ventenne, si associò con forse il massimo esponente del blues moderno, John Mayall, ed insieme incisero quel capolavoro che è Blues Breakers with Eric Clapton.
Nel 1966, assieme al bassista Jack Bruce ed al batterista Ginger Backer, formò i Cream, dei quali, l’energia della sessione ritmica, gli fa ora additare come uno dei gruppi percussori dell’hard rock.
I Cream incidono: Fresh Cream, Disraeli Gears, Wheels Of fire ed infine Goodbye, che insieme al live pubblicato successivamente ne fa indubbiamente uno dei gruppi più influenti della storia del rock.
In questo periodo diventerà anche amico di un altro chitarrista, il grande Jimi Hendrix, che appena giunto a Londra, verrà aiutato, da Clapton e Pete Towshend, ad affermarsi. In seguito la morte di Hendrix colpi molto Clapton. Nel settanta, apriva tutti i concerti suonando Little Wing in onore dell’amico scomparso.
La sua fama lo porta collaborare con diversi artisti, possiamo trovare la sua chitarra, in un brano del White Album dei Beatles, in Lumpy Gravy di Zappa, nonché nel Live in Toronto di John Lennon ed in altri che però adesso non ricordo.
Scioltisi i Cream, alla fine degli anni sessanta, collabora con l’amico Steve Winwood, col quale aveva già inciso un singolo, nel ’66, a nome Powerhouse, ed assieme a Ginger Backer formano i Blid Faith, che con l’anonimo album, incidono uno dei dischi più belli di rhythm'n'blues di tutti i tempi, nel quale anche le canzoni di più facile ascolto, come Can't Find My Way Home o Presence of the Lord, sono di livello superlativo. Dopo una serie di concerti, Clapton, abbandona i Blind Faith, e si unisce ai coniugi Delaney & Bonnie, un gruppo di soul country e southern rock, con il quale va in tournee. Da questi concerti verrà registrato un bel disco, Delaney & Bonnie On Tour with Eric Clapton, e sempre coi Delaney & Bonnie, nel 1970, registra il suo primo disco solista, a nome Eric Clapton, un disco non certo imperdibile.
Alla fine del 1970 Clapton forma i Derek and the Dominos, ai quali si aggiunge Duan Allmon, giunto in studio solo per conoscere Clapton, ma entusiasmato dal progetto, contribuisce con la sua chitarra, soprattutto la slide, a creare quel capolavoro che è Layla and Other Assorted Love Songs, un disco che nonostante sia doppio riesce ad essere convincente fino alla fine, e dove su tutte le canzoni prevale la title track Layla con il suo iniziale riff incalzante, ed il suo struggente finale.
Dopo i live con i Derek, inizia il periodo più critico per Clapton, oltre ai problemi con la droga si aggiunge la tragica morte, in un incidente motociclistico, dell’ormai amico Allmon. Il periodo di crisi dura per molti mesi, e sarà Pete Towshend, a prodigarsi per risollevare Clapton, organizzando un concerto, incoraggiando il suo rientro sulla scena musicale. A questo concerto collaborano tra gli altri Steve Winwood e Ronnie Wood, e ne verrà tratto un disco live, Eric Clapton's Rainbow Concert, e qui vi consiglio di cercare la versione del ventesimo anniversario, recuperata dai bootleg, perché è indubbiamente più completo, ed è un buon disco, mentre invece l’originale di solo sei canzoni (mi sembra) è un disco veramente insignificante.
Negli anni ’70 Clapton, dà avvio alla sua carriera solista, pubblicando quattro o cinque dischi, di medio livello, le cose migliori sono forse i due live, E. C. Was Here del 1975 e Just One Night del 1980, dove riesce a rivitalizzare anche dei brani che in studio erano un po’ scarsi...mi ricordo addirittura di aver trovato Blues Power nei Juke Box (per chi non lo sapesse, il Juke Box, era una specie di lavatrice, che veniva collocata negli angoli più remoti dei bar, ed inserendo una moneta, diffondevano, con una pessima amplificazione, il più delle volte distorta, della musica più o meno di successo). Comunque nei settanta, si può dargli merito di aver dato visibilità alle composizioni di un grande autore, J.J.Cale, riproponendo alcuni suoi brani come Cocaine o Afther Midnight, e di aver scoperto tra i primi la canzone di un autore giamaicano, un certo Robert Nesta Marley, registrando I Shot the Sheriff già nel 1974.
Negli anni ottanta Clapton ritornerà a proporre un blues più classico, ma talmente edulcorato che io lo definisco pop blues, e chissà se nel suo progressivo declino, avrà mai ripensato, a quando accusava gli Yardbirds di essere diventati troppo commerciali.
In ogni caso, è innegabile, nonostante il declino degli ultimi decenni, che Eric Clapton, è stato una delle figure più importanti e influenti nella storia della musica rock.
Ciao. Lo Zio Fonta.

4 commenti:

Paolo Tamburini ha detto...

Bella Zio! Ottimo lavoro!
Peccato per le ultime 6 righe!!
Comunque sia, un chitarrista meraviglioso.Ho suonato a menadito quasi tutto ciò che ha suonato il buon EPclapton. L'ho visto numerose volte dal vivo , e mi ha deluso solo un paio di volte.
Unico neo degli ultimi 4/5 anni... non suona più! Lascia molto al resto della band. Ma del resto , con tutto ciò che ha dato , glilo posso anche perdonare. Ciao , bel lavor, Paolo Tamburini. Puoi chiedere di me a Giancarlo Pasquali

Anonimo ha detto...

peccato che ci sono molti detrattori che lo accusano di essere solo un chitarrista che spaccia blues slavato

Seconda serata ha detto...

Lui era quello dell'unplugged per me, odioso quindi. Poi ho riscoperto la versione originale di Layla, con quel lungo finale, e l'ho riconsiderato per le mie uscite di running.

Lo Zio Fonta ha detto...

Per Paolo; hai probabilmente ragione per quanto riguarda le ultime righe, ma è una mia idiosincresia, come ho gia detto in un altro post, sono veramente pochi gli artisti che trovo interessanti dopo una decina di anni di carriera, ma sono io il difficile, il mio musicista ideale sarebbe Jimi Hendrix , quattro o cinque grandi dischi, e poi (magari senza morire), diciamo un prepensionamento sarebbe l'ideale